JOJO RABBIT ( Jojo Rabbit, USA/D/NZ 2019)
DI TAIKA WAITITI
Con ROMAN GRIFFIN DAVIS, Thomasin McKenzie, Scarlett Johansson, Taika Waititi.
COMMEDIA/DRAMMATICO/GUERRA
Presentato con un trailer che poteva apparire quasi provocatorio, in un'epoca molto meno avvezza a vagliare accuratamente certi messaggi, rispetto a trenta-quarant'anni fa, in cui paradossalmente uno spettatore si perdeva a cercar di decifrare ciò che gli arrivava, mentre ora, per pigrizia o induzione, si tende a essere pro o contro e basta, ecco un film-caso. Che agli ultimi, sorprendenti Oscar è giunto con un certo numero di candidature, portando a casa il premio per la miglior sceneggiatura non originale ( è infatti tratta, pare piuttosto liberamente, da un romanzo di quindici anni prima, "Come semi al vento"). E, dopo il grosso successo della sua versione di Thor con "Ragnarok", uno dei film-Marvel più spinti verso il non prendersi troppo sul serio, seppure nella trama rivolti molto dell'universo del Dio del Tuono, questo film conferma l'ascesa ai piani superiori del cinema in grande del neozelandese Taika Waititi: il quale, appunto, tratta temi ingombranti ( qui la fascinazione per il nazismo di un bimbo cresciuto in "quella" Germania, destinata a crollare scoprendo verità oltre il proprio immaginario) ma con vena giocosa, anche se sa calibrare come imprimere una svolta drammatica al racconto, magari sorprendendo il pubblico. Come fece coraggiosamente Roberto Benigni oltre vent'anni fa con "La vita è bella"( si sa che oggi va di moda trattarlo con scarso rispetto, ma è un atteggiamento cretino), che volle rimembrare che cosa fu la Shoah gestendo un equilibrio non semplice tra sorriso e lacrima, anche Waititi gira un film che spiega ai bambini che, oltre a non dover avere paura di ciò che può essere diverso, si può arrivare anche ad amarlo, e agli adulti che si può, appunto, raccontare l'imbecillità dei fanatismi in maniera incisiva mostrandone l'inscindibile lato ridicolo. Espressivo e candido il piccolo protagonista Roman Griffin Davis, Waititi fa un Hitler molto rivisitato, che diventa sempre più sinistro,via via che il film scorre, ed il migliore in campo è, come spesso gli accade, Sam Rockwell nei panni di un alto ufficiale tedesco che rivela insospettabili tracce d'umanità.
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