ALTRUISTI SI DIVENTA ( The fundamentals of caring, USA 2016)
DI ROB BURNETT
Con PAUL RUDD, CRAIG ROBERTS, Selena Gomez, Jennifer Ehle.
COMMEDIA/DRAMMATICO
Ben è un uomo imploso, depresso, perso nelle sue quotidiane derive in un ripetitivo Nulla: si ostina a non rispondere alle richieste di divorzio della moglie, non apre a chi bussa alla sua porta, esibisce la medesima apatia a chiunque. Finchè, in uno scatto di istinto di sopravvivenza, non si decide a cercare lavoro, come "caregiver", trovando come badante di un ragazzo affetto da distrofia muscolare, dal carattere non semplice ma che, saputo prendere, ha un senso dell'umorismo acuto.I due intraprenderanno un viaggio nel più puro stile "on the road" per togliere alcune curiosità al più giovane, e tra i due nasce un rapporto di amicizia. Nello schema simile a quello di "Quasi amici", invertendo il fattore età, quindi sottindendendo una sorte ancora più crudele, in quanto chi soffre di salute fisica è il meno anziano del duo in scena ( ma sapremo che cosa ha spezzato dentro il suo accompagnatore, via via che scorre la pellicola), "The fundamentals of caring" ( titolo migliore di quello italiano, anche se se ne comprende la non semplice traduttibilità) è una dramedy riuscita, con buone prove attoriali: curioso che, dopo il successo conseguito come "Ant-Man" per Paul Rudd, non gli sia stato concesso di uscire nelle sale cinematografiche, interessante anche il fin qui poco visto Craig Roberts nel ruolo spinoso del ragazzo che crescerà nel viaggio, e riporterà ognuno a casa più consapevole di sè e meglio disposto alla vita.
DELITTO AL BLUE GAY ( I/D, 1984)
DI BRUNO CORBUCCI
Con TOMAS MILIAN, Bombolo, Olimpia Di Nardo, Vinicio Diamanti.
COMMEDIA/GIALLO
Indagine numero undici per Nico Giraldi, ed ultima avventura per l'ispettore impersonato da Tomas Milian, vede il piedipiatti trasteverino investigare sulla morte di un travestito, strangolato nel suo camerino nel locale esclusivo e a tema "Blue Gay": girato tra Roma e Berlino, anche con attori tedeschi, per via della coproduzione tra Italia e Germania, è uno dei titoli di minor successo della lunga serie cominciata a metà anni Settanta, che vede saldamente, ma senza verve, Bruno Corbucci in regia e Milian protagonista. Una confusa trama gialla includerebbe la mano dei servizi segreti d'oltrecortina nella soluzione del caso, ma agli spettatori affezionati importava il giusto, cercavano le puntuali "pizze" elargite da Giraldi a Venticello, che qui si traveste anche da donna per aiutare l'amico detective, le liti con la moglie Angela e le varie battute a suon di parolacce del personaggio principale. Per dirla tutta, non è forse il peggiore della serie, nella sua grossolanità mette in scena anche un congedo intenerito tra Milian e Bombolo, con tanto di bacio affettuoso sulla guancia, e la rappresentazione meno becera di quel che si poteva temere dell'ambiente omosessuale e dei travestiti, con tanto di trattamento amichevole da parte di Giraldi alla star del tabarin Colomba, interpretato dalla vera celebrità del travestitismo Vinicio Diamanti. Poi, la solfa è sempre quella, qualche scarica di cazzotti, un pò di "Ma va a morì ammazzato", qualche "vaffanculo" e "Me so' rotto li cojoni", come capita nelle serie che mettono il pilota automatico e cercano quasi esclusivamente gli aficionados. Finchè non si stancano pure quelli, va da sé.
ALIEN NATION ( Alien Nation, USA 1988)
DI GRAHAM BAKER
Con JAMES CAAN, MANDY PATINKN, Terence Stamp, Kevin Major Howard.
POLIZIESCO/FANTASCIENZA
Qua da noi passò velocemente nelle prime visioni, ma in USA "Alien Nation", sebbene non abbia raggiunto incassi stellari, conquistò tuttavia un suo pubblico, e divenne rapidamente oggetto di culto per alcuni: ne venne realizzata una serie tv, e ne era in preparazione, fino a poco tempo fa, un remake con effetti speciali adeguati all'oggi. Ambientato in un futuro piuttosto prossimo, dato che l'azione si svolge nel 1991, solo tre anni dopo l'uscita della pellicola, vede una comunità extraterrestre che è sbarcata sul nostro pianeta, e, velocemente, i rapporti tra le specie si sono amalgamati. O quasi, perchè se ci sono alieni virtuosi come il co-protagonista Sam Francisco ( prendono il nome terrestre dalla prima cosa che reputano "di casa"), esistono anche quelli delinquenti e pericolosi, proprio come tra i terrestri. Il poliziotto Matt Sykes vede il partner morire in pattuglia, proprio per mano di un rapinatore alieno, e viene affiancato da un agente dell'altro pianeta: vagamente xenofobo, ma lesto a cambiare opinione, il piedipiatti nostrano intuisce una pista grossa dietro all'omicidio del collega, e grazie anche alla collaborazione con il nuovo arrivato. B-movie, sebbene sia confezionato con un pò di soldi in più degli altri film di certa categoria, con diversi clichés in sceneggiatura (lo sbirro dalla vita privata incasinata, duro ma leale, il collega di "razza" diversa con cui nascerà un'amicizia nonostante tutto, eccetera), soffre un pò la regia anonima di Graham Baker, che gestisce la trama come se fosse quella di un telefilm lungo: James Caan, attore di mezzi toni più di quanto sarebbe sembrato, dà tonalità sfumate ad un ruolo che non le avrebbe previste, Mandy Patinkin si conferma interprete duttile nonostante l'ingombranza fisica, e Terence Stamp fa una marchetta tra le più evidenti di quel periodo in cui si dilettava a fare il comprimario di lusso.
JOJO RABBIT ( Jojo Rabbit, USA/D/NZ 2019)
DI TAIKA WAITITI
Con ROMAN GRIFFIN DAVIS, Thomasin McKenzie, Scarlett Johansson, Taika Waititi.
COMMEDIA/DRAMMATICO/GUERRA
Presentato con un trailer che poteva apparire quasi provocatorio, in un'epoca molto meno avvezza a vagliare accuratamente certi messaggi, rispetto a trenta-quarant'anni fa, in cui paradossalmente uno spettatore si perdeva a cercar di decifrare ciò che gli arrivava, mentre ora, per pigrizia o induzione, si tende a essere pro o contro e basta, ecco un film-caso. Che agli ultimi, sorprendenti Oscar è giunto con un certo numero di candidature, portando a casa il premio per la miglior sceneggiatura non originale ( è infatti tratta, pare piuttosto liberamente, da un romanzo di quindici anni prima, "Come semi al vento"). E, dopo il grosso successo della sua versione di Thor con "Ragnarok", uno dei film-Marvel più spinti verso il non prendersi troppo sul serio, seppure nella trama rivolti molto dell'universo del Dio del Tuono, questo film conferma l'ascesa ai piani superiori del cinema in grande del neozelandese Taika Waititi: il quale, appunto, tratta temi ingombranti ( qui la fascinazione per il nazismo di un bimbo cresciuto in "quella" Germania, destinata a crollare scoprendo verità oltre il proprio immaginario) ma con vena giocosa, anche se sa calibrare come imprimere una svolta drammatica al racconto, magari sorprendendo il pubblico. Come fece coraggiosamente Roberto Benigni oltre vent'anni fa con "La vita è bella"( si sa che oggi va di moda trattarlo con scarso rispetto, ma è un atteggiamento cretino), che volle rimembrare che cosa fu la Shoah gestendo un equilibrio non semplice tra sorriso e lacrima, anche Waititi gira un film che spiega ai bambini che, oltre a non dover avere paura di ciò che può essere diverso, si può arrivare anche ad amarlo, e agli adulti che si può, appunto, raccontare l'imbecillità dei fanatismi in maniera incisiva mostrandone l'inscindibile lato ridicolo. Espressivo e candido il piccolo protagonista Roman Griffin Davis, Waititi fa un Hitler molto rivisitato, che diventa sempre più sinistro,via via che il film scorre, ed il migliore in campo è, come spesso gli accade, Sam Rockwell nei panni di un alto ufficiale tedesco che rivela insospettabili tracce d'umanità.
DISTURBIA ( Disturbia, USA 2007)
DI D.J. CARUSO
Con SHIA LABOEUF, Sarah Roemer, David Morse, Carrie-Ann Moss.
THRILLER
Ragazzo un pò difficile da contenere, anche per la morte recente del padre in un incidente, cui era presente anche lui, Dale arriva a colpire un insegnante, e viene perciò messo agli arresti domiciliari: dovrà indossare una cavigliera che non gli consente di uscire dal giardino di casa propria. Messosi ad osservare i vicini di casa per passare il tempo, tra cui una bella coetanea, si accorge ben presto che uno di loro ha un atteggiamento misterioso, quando non addirittura sinistro: è l'inizio di una serie di sospetti e di rivelarsi di particolari che porterà il giovane protagonista a rischiare anche la vita sua e della madre. Più o meno dichiaratamente, "Disturbia" è una sorta di rifacimento in chiave giovanilista del classicissimo di Hitch "La finestra sul cortile", e tralasciamo le palesi differenze di stile, e tutta la carica psicologica che il thriller con James Stewart e Doris Day implicava: il regista D.J. Caruso e la sceneggiatura su cui ha girato questo giallo rubacchiano perlomeno un paio di scene anche dai cult di Dario Argento ( la sequenza in cui la ragazza, armata di un coltello, attende la lama del killer che arriva puntuale a cercare di rompere la porta tra lui e la potenziale vittima, da "L'uccello dalle piume di cristallo", la piscina con i cadaveri dentro da "Phenomena"), e se il debito nei confronti di titoli di culto lo si può far passare anche per omaggio, è proprio la tensione vera e propria, quella che difetta qua. Perchè la trama sembra traccheggiare fino a tre quarti di pellicola, senza montare pathos vero, per poi giungere ad una conclusione in cui la pericolosità dell' omicida esplode senza in pratica fare il percorso adeguato, oppure arrivare a sorprendere per funzionalità di colpi di scena vari. E il film non decide che sembianza prendere, sbandando nello slasher vero e proprio, dopo che la maggior parte del minutaggio sembrava volesse puntare soprattutto sull'atmosfera. Buona la mossa di affibbiare al pacato David Morse l'identità del vicino apparentemente cordiale, ma pericolosissimo all'occasione, un pò insulsa la coppia protagonista Laboeuf/Roemer.
JULIETA ( Julieta, ES 2016)
DI PEDRO ALMODOVAR
Con EMMA SUAREZ, ADRIANA UGARTE, Blanca Parés, Daniel Grao.
DRAMMATICO
Che, più o meno da metà anni Duemila il cinema di Pedro Almòdovar abbia conosciuto una forte involuzione, è opinione di tanti ( compreso chi scrive): quella densità di racconto, quella capacità di fondere melodramma vivo con un linguaggio moderno e senza filtri, quella conduzi one di interpreti quasi sempre al loro meglio, sembrava essersi un pò persa, in film fuori centro o trame ripetitive e senza grande ispirazione. Negli ultimi anni, questo processo non felice della carriera di uno dei cineasti europei più interessanti sembra essersi arrestato, e le sue pellicole sono tornate ad una qualità più alta. E' il caso anche di "Julieta", tratto da racconti di Alice Munro, tre, che avrebbe dovuto intitolarsi "Silencio": è in gioco il rapporto mai semplice tra una madre ed una figlia, lungo anni di incomprensioni, di distanze, di rancori. Ci sono responsabilità circa la morte dell'uomo che era il padre della ragazza che lei attribuisce, scorrettamente, alla genitrice, c'è la speranza inestinguibile della mamma che attende un cenno di riconciliazione, che le condiziona le scelte e l'esistenza. E' un mélò, "Julieta", ma sobrio quanto mai, che lascia le scene più drammatiche fuori campo, e si permette anche un finale in cui non tutto viene risolto: elegante e articolato, sensuale e ruvido nello spiegarsi delle relazioni tra i personaggi, è uno dei migliori titoli della filmografia del regista della Mancha, con una Emma Suarez sofferta e che evoca un'empatia ed una pietà che rimangono anche a proiezione finita.
6 UNDERGROUND ( 6 Underground, USA 2019)
DI MICHAEL BAY
Con RYAN REYNOLDS, Mèlanie Laurent, Manuel Garcia-Rulfo, Adria Arjona.
AZIONE
Kolossal da schermo televisivo, visto che è la più costosa operazione di Netflix, o film d'azione di nuova generazione, pensato appunto per una fruizione che vada oltre il concetto della dimensione dello schermo? Michael Bay, che notoriamente non è un regista che va per il sottile, che se basasse su una sceneggiatura solida il talento per lo spettacolo che tuttavia gli si riconosce, come raramente gli è capitato, potrebbe anche fare qualcosa di interessante ( il primo "Transformers") ha imbastito, sulla formula non nuova della raccolta di "braves" per mettere in atto una missione ardua da compiere, un paio d'ore abbondanti di azione a tutto spiano. Se capita di guardare, come è capitato al sottoscritto, un James Bond d'annata, poco prima di visionare un film così, quel classico dell'avventura potrà sembrare quasi parco di azione pura, in realtà, va bene il ritmo sostenuto, va bene la spettacolarità forte delle scene, ma qualcosa nel mezzo bisognerà pur metterci, che sia l'elaborazione dei personaggi, qualche dialogo sostanzioso, anche delle frasi a effetto. Invece, qui i personaggi principali sono soprattutto tipi con armi spiegate in mano, qualche battuta pseudoironica buttata a caso qua e là, sangue che spruzza e macchia, un paio di eccessi "gore", ma, come capita quando si esagera, il tutto stucca. E si arriva in fondo, invece che elettrizzati da tutte le sparatorie, capriole, esplosioni e balzi, con un certo senso di noia. Lasciamo perdere le ambientazioni anche nostrane dal lungarno fiorentino, durante un inseguimento forsennato, ci si ritrova sterzando in piazza del Campo a Siena, per poi tornare in piazza del Duomo nel capoluogo toscano, con un'accelerata. Tanto per dire la grossolanità sostanziale del tutto....