martedì 11 giugno 2019


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IL TRADITORE ( I, 2019)
DI MARCO BELLOCCHIO
Con PIERFRANCESCO FAVINO, Maria Fernanda Candido, Fabrizio Ferracane, Fausto Russo Alesi.
DRAMMATICO
Film-evento al recente festival di Cannes, il lavoro di Marco Bellocchio su Tommaso Buscetta, storico pentito di mafia che collaborò con Falcone, contribuendo alla cattura di Riina e i suoi sgherri, nella lotta tra Stato e malavita organizzata che insanguinò l'Italia a cavallo tra gli anni Ottanta e i Novanta, sta riscuotendo buon successo di pubblico, arrivando, dopo tre settimane di programmazione, a oltre tre milioni di euro incassati. Si apre nel 1984 con un patto tra gli uomini della vecchia mafia, di cui Buscetta era un "soldato", per quanto personalità rispettata e con un certo tenore di vita, e i "Corleonesi" capeggiati appunto da Riina: gli accordi poi non vennero rispettati, per la brama di potere del capomafia morto nel 2017, la cui ambizione ( specchiata paradossalmente in un livello di vita relativamente frugale, per i canoni dei malavitosi) era pari solo alla ferocia nel gestire l'organizzazione, e da qui partì una lunga scia di atti di violenza e morte, per sterminare i "soci" e, con attentati e stragi, imporre un dominio sulla nazione tutta. Il regista ha tenuto a precisare, in più interviste, che la sua è una versione romanzata di fatti realmente accaduti, con tanto di nomi reali: la riproduzione dell'attentato di Capaci, a memoria, sembra infatti rivista e reinterpretata. Come rilevato da alcuni recensori, "Il traditore" è forse la pellicola firmata dall'autore de "I pugni in tasca" e "L'ora di religione" più "popolare", che incamera scene d'azione di gran tensione ( i delitti tra le specchiere, gran momento di cinema, ma anche la doppia esecuzione dei figli di Buscetta, scena crudele e pesante da sostenere per la verosimiglianza), la tensione tra i personaggi, un'epopea criminale che abbraccia vent'anni di Storia d'Italia moderna: e la chiosa, un ricordo che vede Buscetta commettere un omicidio rimandato per anni, spazza via ogni accusa di "romanticizzazione" del personaggio. Un Favino di grande pregnanza( diciamolo, ora come ora, ancor più bravo di Servillo, altro gigante, ma più riconoscibile e meno camaleontico) impersona un uomo complesso, delinquente e lupo ferito, carismatico e a modo suo legato ai propri ideali, che fece parte del sistema mafioso, ma che non fu pentito per calcolo o per strategia: da apprezzare un cast ben assemblato, in cui spiccano la splendida Maria Fernanda Candido, che interpreta la moglie brasiliana di Buscetta, l'avvocato sleale di Bebo Storti, e la vitalità di Luigi Lo Cascio, ma il più repellente di tutti gli "uomini d'onore" è il Pippo Calò di Fabrizio Ferracane, un mediocre capace di mascherare la propria malvagità dietro a una naturale viltà. Uno dei film italiani di questi anni che resteranno.

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