THE GREEN INFERNO ( The Green Inferno, USA 2013)
DI ELI ROTH
Con LORENZA IZZO, Ariel Levy, Nicolàs Martinez, Aaron Burns.
HORROR/AVVENTURA
Sperso per due anni nei meandri della distribuzione, anche se il nome di Eli Roth è, per gli appassionati del cinema horror più truculento, divenuto una garanzia di sequenze abbondantemente forti, "The Green Inferno" è uscito nei cinema, con reazioni miste di critica e pubblico: da un punto di vista degli incassi, pellicole come questa, e quelle cui si ispira, tutto il genere "cannibalesco", nelle sale hanno sempre avuto una quantità di spettatori relativamente esigua, salvo divenire oggetto di culto, e film chiaramente non per tutti, ma che fanno discutere. La trama, che vede un gruppo di universitari idealisti viaggiare in Perù per fermare, con l'aiuto delle riprese mandate via web, il disboscamento di una foresta e l'annullamento di un'antica tribù fuori dal tempo, subire nel corso del viaggio di ritorno un incidente, che la consegnerà proprio agli indios da salvare: però, questi hanno il non piacevole vizio di nutrirsi dei disgraziati che riescono a catturare... Che non sia un film per occhi troppo sensibili, o stomaci troppo delicati, va da sè, però a Roth, che gira abilmente quanto inciampa in errori grossolani, non indugia nemmeno troppo sulla crudeltà degli antropofagi, va dato atto di perseguire temi politici, anche se non va troppo di moda: questi "green warriors 2.0" da gita domenicale sono "utili idioti" per chi della globalizzazione conosce solo la via del profitto sempre e comunque, a scapito di equilibri, umanità e prospettive. Il film scade quando ammicca al demenziale, come nella sequenza della gabbia in cui, tra attacchi di diarrea e onanismo si sfida lo spettatore a prendere il tutto sul serio, e i personaggi si comportano quasi sempre come se la minaccia di essere trucidati e divorati non riguardasse loro: la recitazione non è delle più elevate, ma il lento vorticare della minacciosità legata all'alimentazione incide la pellicola fino dalle prime scene. Dal punto di vista dell'impatto, e della riuscita, "Hostel" rimane il miglior lavoro, fino a qui del regista, che continua ad alternare in maniera impacciata, alto e basso, ingenuità balzane ( le capanne dei cannibali paiono estrapolate da un villaggio vacanze, tutte equidistanziate e ben tenute...) e momenti di cinema-cinema ruvido ma efficace, e rimane sempre la sensazione che, se non sbracasse, Roth potrebbe essere un autore di genere con qualcosa di serio da dire.
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