venerdì 24 aprile 2015


AVENGERS: AGE OF ULTRON (Avengers: Age of Ultron, USA 2015)
DI JOSS WHEDON
Con CHRIS EVANS, CHRIS HEMSWORTH, ROBERT DOWNEY JR., SCARLETT JOHANSSON.
FANTASTICO/AZIONE
I numeri sono eloquenti:due giorni di programmazione fuori dagli USA e il secondo atto delle avventure degli "Avengers" sono già vicini ai 50 milioni di dollari, e le cifre sono potenzialmente moltiplicabili, e parecchio. A tre anni dalla prima "reunion" di Hulk,Iron Man,Captain America,Thor, Vedova Nera e Occhio Di Falco, Joss Whedon ha riunito i supereroi aggiungendone di nuovi (i due gemelli Pietro e Wanda Maximoff, in arte Quicksilver e Scarlett Witch,l'androide Visione, e sullo sfondo il compare di Tony Stark War Machine e quello di Steve Rogers Falcon), prospettando un nuovo potente nemico: il robot Ultron, che è stato creato in buona fede (ma anche per sfrenata ambizione, va specificato) da Stark, che ha sviluppato una (cattiva) coscienza, e sull'input originale, pacificare la Terra, si organizza per farlo a modo suo: estinguendo la razza umana, che vede inesorabilmente distruttiva. Se le recensioni si scrivessero con frequente chiave politica, come usava fino ad una trentina d'anni fa, si poteva leggere il nuovo blockbuster targato Whedon come una sonora mossa anticomunista: un nemico che è una coscienza collettiva, che è animato da originarie buone intenzioni, ma all'atto pratico può distruggere ciò che gli USA vedono come modello di società, che continua a sfornare altri uguali a sè stesso, non risponde, forse, a come vedevano i "rossi" in terra d'America? Però, chiaramente, quest'avventurona sospesa tra laboratori e scontri devastanti va vista altrimenti: i rapporti tra i personaggi, e questa, oltre a un innato senso del ritmo, è la grande forza del regista e sceneggiatore, sono definiti bene e le personalità varie indagate con abilità. Certo, ci sono un paio di snodi risolti in maniera un pò frettolosa (vedi la chiave cibernetica  per cominciare a combattere efficacemente il feroce Ultron), ma lo spettacolo regge, e per due ore e venti passate, si va verso un prevedibile finale in trionfo, ma con perdite per gli eroi, ed una conclusione sospesa, come oggi troppi fanno, ma che rimanda maggiormente a "L'impero colpisce ancora". Dell'atletico cast, notare la maturazione attoriale dell' orocrinito Chris Hemsworth, che applica una dimensione ironica al Dio del Tuono che non stona, e il rovello sentimentale tra Bruce Banner/Hulk e la bella venuta dall'Est Natasha Romanova viene affrontato con impacci e ammiccamenti dal duo Mark Ruffalo e Scarlett Johansson con garbo e senza forzare troppo la tensione tra i due personaggi. Appuntamento al 2018, con il doppio "Infinity war", con intermezzi in solitaria di ogni eroe, chiaramente.

domenica 19 aprile 2015


INTO THE WOODS ( Into the woods, USA 2014)
DI ROB MARSHALL
Con MERYL STREEP,JAMES CORDEN,Emily Blunt, Anna Kendrick.
MUSICALE/FIABA
Molto atteso da quel che si evinceva sulla Rete, "Into the woods" pareva non aver risposto adeguatamente alle aspettative, con una partenza abbastanza lenta al box-office: costato 50 milioni di dollari, sembra in netta ripresa, perchè, a livello mondiale, è arrivato, per ora a 200. Il ritorno di Rob Marshall al musical, dopo l'esito disastroso di "Nine", riprende un'altra opera cui è arriso un duraturo successo sui palchi di Broadway, nella quale si mescolano quattro fiabe classiche, riviste in chiave musicale: "Cenerentola","Raperonzolo","Jack e i fagioli magici", "Cappuccetto rosso". La particolarità dell'operazione sta, sì, nel rielaborare in chiave musicale testi conosciutissimi e comunque sempre validi, lo dicono anche i buoni risultati in incassi dei riadattamenti delle favole, ma più che altro, nella seconda parte, mostrare cosa c'è oltre il "...e vissero eccetera". Quindi, il Principe Azzurro non darà la felicità a Cenerentola, i prodigi e le magie portano delle conseguenze, ucciso il gigante non è tutto risolto, e ogni avventura si porta dietro anche dei rischi sul futuro. Se le canzoni non sono tra le migliori sentite in un musical, tutto sommato il quadro elaborato da Marshall, con la preziosa collaborazione, per le scenografie, di Dante Ferretti, funziona: anche se, va detto, che è un'operazione ibrida, che per certi versi rischia di non essere capita, o dipinge metafore troppo ardite per un pubblico giovanissimo, e per altri può risultare stucchevole, in alcuni passaggi, per quello adulto. Delle caratterizzazioni, un pò troppo caricata risulta Meryl Streep strega sciroccata, meglio i brevi ma incisivi ruoli di Johnny Depp lupo malvagio e subdolo e Chris Pine principe fasullo, ma la migliore in scena risulta essere Anna Kendrick, non particolarmente attraente, ma dotata di un vigore che le fa conquistare l'interesse dello spettatore.

sabato 18 aprile 2015


IL CASO "VENERE PRIVATA" ( Cran d'arret, F/I 1970)
DI YVES BOISSET
Con BRUNO CREMER, Renaud Verley, Marianne Comtell, Mario Adorf.
THRILLER
I gialli di Giorgio Scerbanenco sono materiale che affascina gli appassionati di gialli:contraddistinti da un pessimismo di fondo netto, esplorano le zone buie dell'Italia post-boom, riallacciandosi con le conseguenze del secondo conflitto mondiale e delineando un quadro tutt'altro che idilliaco di un'Italia solitamente ritratta come solare e spensierata. Duca Lamberti, ex-medico divenuto investigatore clandestino, dopo aver praticato un'eutanasia, è il protagonista di quattro romanzi dello scrittore lombardo di discendenza sovietica (il cognome è un'italianizzazione del probabilmente ucraino Sherbanenko). Coprodotto tra Francia e Italia, "Il caso Venere privata" è uno dei pochi lungometraggi tratti dall'opera dell'autore di thriller, oramai di culto:benchè molti aficionados di Scerbanenco lo abbiano stroncato senza dubbi, e sebbene sia un thriller dall'andatura non incalzante, ha una sua dignità, pur distaccandosi non poco dal testo originario, finale frettoloso compreso. Mancano l'andare sotto pelle, la constatazione della bestialità di certi istinti umani, la laconica presa d'atto dell'inestirpabilità di cattive coscienze e di una deliberata cattiveria da parte di alcuni, molto presenti negli scritti del giallista: il film si apre su una giovanissima Raffaella Carrà che si presta ad un servizio fotografico nudo, che sarà causa delle sue disgrazie, e prosegue con la presa in carico del giovane che l'ha vista per ultimo viva da parte di Lamberti, cercando chi possa aver ucciso la ragazza. Bruno Cremer è anche qui motivo di interesse per lo spettatore, dato che elabora come meglio può il personaggio, non servito al meglio da una sceneggiatura ordinata ma senza colpi d'ala e abbastanza superficiale, e dà una pregevole, anche se breve, interpretazione anche Mario Adorf, in un ruolo abbastanza grottesco. Finale spiccio, e un pò troppo facilone, però è un film che si lascia vedere agevolmente.

giovedì 16 aprile 2015


LA SCUOLA PIU' BELLA DEL MONDO (I,2014)
DI LUCA MINIERO
Con CHRISTIAN DE SICA, ROCCO PAPALEO,Angela Finocchiaro, Miriam Leone.
COMMEDIA
Per un errore grossolano di un inserviente sciroccato, la scuola Pascoli di San Quirico d'Orcia invita, anzichè una classe di Accra, un'analoga parte di scolaresca di Acerra per uno scambio culturale, ma, una volta chiarita la castroneria, si fa buon viso a cattivo gioco e si tenta di far convivere i due vivaci gruppi di ragazzi. Luca Miniero, nelle intenzioni, voleva giocare una nuova accoppiata brillante, Christian De Sica e Rocco Papaleo, in una storia che avrebbe dovuto essere un'altro abbraccio ideale tra Meridione e Italia Centrale,giocando su un equivoco che fa da spunto: le buone intenzioni ci sarebbero pure, ma c'è poco d'altro. Al di là del fatto che far reincontrare gli ex-innamorati ora astiosi De Sica e Finocchiaro sul "luogo del delitto", dovrebbe anche spiegare, come minimo, come mai un romano ed una lombarda avrebbero dovuto incontrarsi frequentando una scuola nel Senese, il filmettino procede con la confezione di una fiction buonista della Rai, quelle in cui alla fine son bravi e buoni tutti, anche chi fa un pò il malandrino, se si cerca il divertimento, salvo qualche stralunata gag di Nicola Rignanese (ex-spalla di Antonio Albanese, si sta facendo largo appunto tra fiction tv e partecipazioni come questa), meglio cercare altrove. Christian De Sica, vistosamente appesantito, risulta frenato, Rocco Papaleo sembra gestire meglio il proprio personaggio, ma è la palese superficialità di soggetto e svolgimento ad evidenziare la pochezza dell'intera operazione. E da Miniero, forse, ci si aspettava qualcosina di meglio.

giovedì 9 aprile 2015


IMPICCALO PIU' IN ALTO (Hang 'em high,USA 1968)
DI TED POST
Con CLINT EASTWOOD,Pat Hingle,Inger Stevens,Ed Begley.
WESTERN
Il primo western girato in patria da Clint Eastwood,dopo il trionfo internazionale della "trilogia del Dollaro" di Sergio Leone, fu questo "Impiccalo più in alto", il quale, nonostante il titolo truce ,che fa presagire un'apoteosi di violenza, è, a sorpresa, un film non a favore della pena di morte, critico sul sistema legale americano già dalle origini, e pervaso da un impulso anarchico non d'accatto. Un uomo viene ingiustamente accusato da bravacci autonominati giustizieri di aver commesso un duplice delitto, catturato e appeso ad un albero:fortuna vuole che non muoia, anche per l'intervento di un "marshall" e, ripreso il suo vecchio lavoro di collega del suo salvatore, per conto di un giudice che si rivelerà spietato e fin troppo ligio al codice vigente, che non prevede clemenza, intraprenderà una ricerca degli uomini che hanno cercato di linciarlo. Pur non mancando aspetti violenti, il film di Post (che sarà chiamato da Eastwood qualche anno dopo a dirigere il secondo episodio della serie su Harry Calla(g)han) è appunto un racconto morale che ha il solo difetto di un finale poco coerente con il resto del racconto: una resa dei conti non all'altezza delle aspettative dello spettatore, e un confronto tra l'eroe, che ha una visione della Giustizia meno feroce,e comunque ha avuto un conflitto con il suo mandatario, e il giudice rigido,che spiega anche la necessità di un calcolo pure politico nell'applicazione della Legge. Clint è meno serafico e più vulnerabile di come aveva abituato il pubblico nei tre film leoniani, e aggiunge un riflesso amaro al suo prototipo di duro con un codice etico personale:in più,un altro tema ricorrente nella cinematografia dei personaggi eastwodiani,c'è una donna con l'anima straziata che non può vivere il suo presente per una violenza perpetratale da uomini feroci,che sono lontani dall'istinto comunque a modo suo cavalleresco del protagonista.Di buon livello i caratteristi intorno, con Pat Hingle che gioca su molte ambiguità,Ben Johnson che compare poco ma esprime come sempre un carisma di spicco, e Ed Begley, che presta la durezza tipica di molte sue interpretazioni ad un uomo presuntuoso e dispotico. Un western che poteva essere ben più bello, ma che andrebbe rivalutato,comunque.

I MASTINI DELLA GUERRA (The dogs of war,USA 1980)
DI JOHN IRVIN
Con CHRISTOPHER WALKEN,Tom Berenger,Colin Blakely, Paul Freeman.
DRAMMATICO 
Il romanzo di Frederick Forsyth "I mastini della guerra" uscì nel 1974, e fu quello che lanciò lo scrittore verso una carriera costellata di diversi successi:il "rivale" di John Le Carrè, che a differenza dell'altro autore di best-seller spionistico-politici è un conservatore, quindi un intellettuale di destra, ed infatti,è evidente che una categoria solitamente mal vista a sinistra come i soldati di ventura, hanno le loro ragioni per agire e costituiscono una sorta di corpo militare vero e proprio. Rispetto al romanzo, molto più descrittivo della pellicola, come nello stile di Forsyth, si punta maggiormente sulla vicenda del protagonista che, in un paese africano immaginario, deve compiere una missione, ma viene tradito, catturato e torturato, infine rispedito via senza tanti complimenti:da duro che non accetta la sconfitta,organizza un commando con altri mercenari, e torna sul luogo per una rappresaglia decisa, in cui verrà messo a ferro e fuoco il posto,ma il bilancio di sangue sarà alto. Diretto da un eclettico senza particolare talento come John Irvin (girò anche titoli lontani tra loro,come "Tartaruga ti amerò" e "Codice Magnum" con Schwarzenegger...) , qui in uno dei suoi lavori migliori, è un film d'azione abbastanza ben costruito nella trama, che dopo una prima parte di costruzione della vicenda, innesca una seconda tutta volta all'organizzazione del raid e alla sua esecuzione, con finale senza trionfalismi, come d'altronde era lecito aspettarsi. Primo ruolo da protagonista per l'allora fresco di Oscar come "supporting role" Christopher Walken,e c'è anche un giovane Tom Berenger, che lamentò grossi tagli al montaggio del suo personaggio:film decoroso,ma abbastanza superficiale.

lunedì 6 aprile 2015


BLACKHAT (Blackhat,USA 2015)
DI MICHAEL MANN
Con CHRIS HEMSWORTH,TANG WEI,Viola Davis,Leehom Wang.
THRILLER/AZIONE
E' già classificato tra i maggiori "tonfi" dell'anno, nonostante siamo solo agli inizi di Aprile,il film che ha rivisto Michael Mann tornare dietro la macchina da presa, a sei anni di distanza da "Nemico pubblico":costato un bel pò di denaro, anche se in verità, per le cifre che circolano a Hollywood i settanta milioni di dollari di budget di questo thriller d'azione, cifra senz'altro considerevole, sono meno impressionanti delle cifre dietro ad altri film,"Blackhat" rischia di costare la carriera al suo autore. Di fatto, ha incassato dieci volte meno del suo costo,e questo, spesso, è un grosso handicap per un cineasta. E ha ricevuto recensioni non entusiaste, quando non addirittura strafottenti: ed è un peccato, perchè è un film molto più complesso della media del suo genere, ed è molto meglio del lavoro precedente di Mann ( il film su Dillinger è tra i suoi meno riusciti, a mio parere). Fin dall'avvio, in cui viene mostrata l'elaboratissimo percorso che passa tra un click su una tastiera e le sue conseguenze sulla Rete, "Blackhat" (è, in gergo, il termine che definisce gli hacker più pericolosi e all'avanguardia) procede, come il cinema dell'autore di "Heat" ci ha insegnato, con descrizioni accurate di un mondo spietato, in cui azioni violente prima o poi scaturiscono per regolare i conti, o ridefinire i rapporti tra le forze in campo;nel caso, qualcuno molto avido di soldi, mette a rischio una centrale nucleare in Cina,e causa un caos nell'alta finanza facendo balzare alle stelle i prezzi della soia. E può fare molto di peggio,quindi viene formato un team ripescando un hacker dal carcere, che aveva concepito il sistema operativo del misterioso malfattore cibernetico,accoppiandolo ad un vecchio amico cinese,mettendo i due sulle tracce del criminale. Attenzione, però, per quanto l'introduzione sia attorno al mondo dei virus dei computer, si parli di IP e codici, questo lavoro è un vero e proprio thriller d'azione, che quando inserisce la marcia accelerata, sa tenere lo spettatore in tensione e all'improvviso lascia esplodere sparatorie letali, in cui i corpi vengono sbalzati lontano, o vengono crivellati. Uno dei pochi cineasti capaci di imprimere ai propri lungometraggi atmosfere western, perchè anche la cruenta resa dei conti finale, va in questo senso:l'eroe si gioca il tutto per tutto ,pur in condizioni quasi disperate, solo contro un nemico la cui vigliaccheria è pari solo ai propri mezzi e alla ferocia dei suoi sgherri. E le storie d'amore, nel cinema manniano, sono sempre sentite, mai troppo sullo sfondo, qualcosa cui aggrapparsi per voler sopravvivere:così questa tra l'hacker americano e la ragazza cinese,come lo sono state quelle tra Colin Farrell e Gong Li in "Miami Vice",e Daniel Day-Lewis e Madeleine Stowe ne "L'ultimo dei Mohicani". C'è da augurarsi che questo bel film sia riscoperto, e c'è da domandarsi cosa non abbia funzionato per generare tanto disinteresse da parte del pubblico, per un film che alterna momenti spettacolari, una robusta mano narrativa che non concede soste,e una lettura del cambiamento delle minacce, che possono essere ancora più terribili, perchè messe a punto da perfetti ignoti, e condotte in segreto, ma gli effetti possono essere devastanti.