mercoledì 19 maggio 2021


IL BUIO SI AVVICINA ( Near dark, USA 1987)
DI KATHRYN BIGELOW
Con ADRIAN PASDAR, Jenny Wright, Lance Henriksen, Jenette Goldstein.
HORROR
Attenzione ad abbordare belle ragazze dall'aria stralunata: al giovane Caleb, figlio della provincia profonda degli Stati Uniti, in cui  a metà anni Ottanta si indossa ancora lo Stetson sulla testa e si sa andare al galoppo sul cavallo, capita di conoscere Mae, passare qualche ora con lei, ma all'appropinquarsi delle luci dell'alba, la giovane si mostra impaurita e si agita, perde il controllo e morde il ragazzo. Si sta parlando di vampiri, ed infatti la fanciulla fa parte di un gruppo di succhiatori di sangue che scorrazza a bordo di un furgone, una sorta di famiglia composita, con una coppia formata da Jesse, che dice di aver combattuto nella guerra di Secessione, e Diamond Back, l'aggressivo Severen ed il ragazzetto Homer: Caleb viene rapito da loro e partecipa alle loro sanguinarie scorribande, protetto da Mae, però quando si tratterà di uccidere una vittima, la lascerà andare.... L'esordio di Kathryn Bigelow alla regia non passò inosservato, e "Il buio si avvicina" ( per una volta, il fascinoso titolo originale ha un corrispettivo italiano adeguato) fu salutato da diversi critici come un originale film di vampiri: trenta e più anni dopo la pellicola mostra qualche ingenuità, gli effetti speciali rivelano la scarsezza di budget a disposizione, la trama, seppure non priva di spunti che attraggono, è risolta in alcuni snodi in maniera ellittica, quando non nebulosa. Nel cast, chi rimane più impresso è il vampiro più spietato, Jesse, cui Lance Henriksen dà una caratterizzazione malevola e determinata: la vena romantica della vicenda, che si abbina bene al tratto d'azione, forse più che al "corpus" orrorifico, fa risaltare le doti della regista, che avremo poi tempo di apprezzare, la prima donna a guadagnare la statuetta per la migliore direzione di una pellicola cinematografica. 

 


A BEAUTIFUL DAY- You were never really here 
( You were never really here, USA 2017)
DI  LYNNE RAMSAY
Con RIVER PHOENIX, Ekaterina Samsonov, John Doman, Alessandro Nivola.
THRILLER/DRAMMATICO
Armato di martello, il reduce di guerra Joe fa da vigilante prezzolato per un'agenzia segreta che recupera giovani donne rapite per essere immesse nel giro della prostituzione: vive con l'anziana madre che per scherzo finge di essere morta, per tirarlo su di morale. Il protagonista e la genitrice sono scampati ad un padre violento che li ha vessati per anni, e quando Joe riceve un nuovo incarico, riguarda una ragazzina, figlia di un senatore, che, a quanto si sa, è diventata una baby prostituta: il giustiziere irrompe nel bordello dove la giovanissima viene tenuta segregata, e uccide diversi tra papponi e clienti, liberandola. Ma non è finita, perchè qualcuno molto potente ha una trama da svolgere. Non è, come lo ha battezzato qualche recensore ( ed è scritto sul manifesto italiano) "il Taxi Driver del 21° secolo": il film di Scorsese giungeva tra i primi a raccontare il disagio dei giovani reduci dal conflitto in Vietnam, e oltre a raccontare il disagio crescente di Travis Bickle, forniva una chiave di un sarcasmo velenoso nel riproporre un genere che andava per la maggiore, quello del cittadino che si faceva giustizia da sè. Il film di Lynne Ramsay racconta di un incrocio di vite spezzate, con colui che è più adulto che si sente di continuo spinto a finirla lì, e invece il peso della responsabilità gli farà compiere un'inversione totale, portandolo, forse, a raggiungere un senso di sè. Nonostante i soli ottantacinque minuti di durata, il film non ha un passo velocissimo, e più che altro, non possiede il crescendo del classico scorsesiano a cui in qualche modo si rimanda nella struttura: molto bravo Phoenix, forse il miglior attore contemporaneo ad esprimere al meglio la fragilità di menti in frantumi, che trovano nel proprio io una forza inaspettata. Ma non facciamo paragoni forzati.

 

martedì 18 maggio 2021


MINARI ( Minari, USA 2020)
DI LEE ISAAC CHUNG
Con STEVEN YEUN, HAN YE-RI, Alan Kim, Yoon Yeo-Jeong.
DRAMMATICO
Può sembrare una produzione coreana, dato che quasi tutti gli interpreti sono di tale paese, così come il regista, ma "Minari" è una produzione americana, nella quale è coinvolta la "Plan B" di Brad Pitt: siamo nell'Arkansas, nel 1983, il giovane Jacob, capofamiglia degli Yi, intende mettere su una coltivazione di ortaggi tipici del proprio paese, per rifornire mense, ristoranti e negozi, e per questo porta i familiari a vivere in una sorta di grande roulotte su un terreno agricolo, e sono molti i sacrifici da fare per riuscire nell'impresa. La moglie soffre la situazione, e riesce, dopo qualche contrasto, a ottenere che l'anziana madre venga a vivere insieme a loro dalla Corea, aiutandoli ad accudire i due figli. Li aiuta un contadino americano che non pare del tutto a posto con la testa, ma conosce bene i segreti della terra: tuttavia non saranno pochi gli inciampi ed i problemi che i protagonisti incontreranno. Candidato a sei premi Oscar, vincendone solo uno, andato alla non protagonista Yoon Yeo-Jeong, che interpreta la nonna dei due ragazzini, stramba ma dotata di una sua istintiva saggezza, e comunque determinatrice dei destini della famiglia, "Minari" è uno dei film della riapertura delle sale dopo la lunga chiusura a causa del Covid, più meritori di visione: Lee Isaac Chung dipana un bellissimo racconto spirituale, di valori che sono riconosciuti quando tutto sembra perdersi, girando un film che non sarebbe dispiaciuto ai neorealisti di settant'anni fa. Aspro come le vicissitudini, toccante come un racconto di sentimenti veri, avvolge con dolcezza lo spettatore facendolo penare e concedendogli sollievo, concludendosi con una nota di ottimismo che però non significa superficialità. Un ottimo cast, che trova espressività genuina, al quale si aggrega il bravo caratterista Will Patton negli sdruciti panni del religioso ( al punto da portare una croce in spalla nel tempo libero) contadino che aiuta i coreani a perseguire il proprio sogno, ed un altro nome dietro la macchina da presa di cui tener conto per i prossimi anni.

 


GLASS ( Glass, USA 2019)
 DI M. NIGHT SHYAMALAN
Con JAMES MCAVOY, BRUCE WILLIS, SAMUEL L. JACKSON, Sarah Paulson.
FANTASTICO/ THRILLER
Quando esplose il fenomeno de "Il sesto senso", più di un recensore si affrettò a battezzare M. Night Shyamalan il "futuro Steven Spielberg", visti anche i risultati positivi al box-office del successivo "Unbreakable", anche se i film seguenti, tra alti e bassi, hanno spento un pò gli entusiasmi attorno al regista di origine indiana: proprio al film con Bruce Willis e Samuel L. Jackson, sul supereroe che si scopre tale in età adulta e sulla sua nemesi che gli si finge amico è collegato questo "Glass", che è anche la prosecuzione della storia che ha rilanciato le sorti commerciali dell'autore, "Split". Sono presenti tutti e tre i personaggi principali delle due storie, da Kevin "L'Orda", così chiamato perchè contiene oltre venti personalità diverse, compresa quella terribile detta "La Bestia", all'eroe che usa una mantellina impermeabile David Dunn, deciso a fermare il potente plurischizofrenico, e Elijah, che ritroviamo catatonico e in sedia a rotelle: una dottoressa con metodi drastici ma innovativi li studia tutti e tre, dopo essere riuscita a riunirli in un istituto psichiatrico. Ma ci sono diverse strategie in contasto tra di loro, e via via che il racconto continua, ci saranno rivelazioni.... Shyamalan tira giù un film cui non difettano i colpi di scena, e tra le cose a suo favore, va detto, sa sempre come e quando giocarli: però le scene d'azione sono rade e nemmeno ben girate, e se nei primi titoli che conoscevamo di questo autore ciò poteva sembrare una scelta registica, oggi viene fuori una goffaggine difficile da lasciar passare, e si veda in tal senso lo scontro decisivo che avviene in prefinale. In più, "Glass" ci mette troppo ad arrivare ai punti cruciali, e dura di sicuro una mezz'ora di troppo: per quanto le sorprese, come si diceva prima, risultino infine di buon livello, il film non sa scuotere lo spettatore, e pure la conclusione, che potrebbe lasciare ulteriormente aperto il discorso, manca di tensione vera. 

 

domenica 16 maggio 2021


JOHN WICK 3: PARABELLUM 
(John Wick- Parabellum, USA 2019)
DI CHAD STAHELSKI
Con KEANU REEVES, Ian McShane, Asia Kate Dillon, Halle Berry.
AZIONE
Saga nata per rilanciare l'astro in declino di Keanu Reeves e probabilmente nemmeno concepita per estendersi ad ulteriori episodi oltre al primo, quella di John Wick sta diventando, in realtà, una delle più seguite nella categoria "action" di questi anni: il sicario che dà il titolo alla serie lo avevamo lasciato in fuga dall'organizzazione di killer che ha rituali quasi sacri, pur in una cornice modernissima, e lo ritroviamo sempre impegnato a salvare la pelle, mandando al Creatore, al posto suo, diversi colleghi di varie etnie. Il "body count", e cioè la conta dei cadaveri sullo schermo, sale ulteriormente, se nel primo titolo si arrivava a enumerare 88 morti, e nel secondo 122, qui si arriva a 179: ma curiosamente, è questo il capitolo migliore, ad oggi, della fin qui trilogia ( ma si sta già girando l'atto quarto). La regia, come per gli episodi precedenti, è a cura dell'ex stuntman Chad Stahelski, che immette più ironia in questo numero tre, e sembra anche perdere, per fortuna, la meccanicità nell'illustrare gli scontri del secondo film, il quale risultava molto simile ad un videogame, meno ad un film: qua, seppure ci si avventuri tra mille improbabilità e spacconate, il piglio del racconto è comunque avvincente, e uno sforzo di elaborare una cornice di storia che sia tale c'è. Oltretutto, il superkiller protagonista sembra non aver sempre gioco facile nell'eliminare i nemici che gli si parano davanti, prende diverse botte, soprattutto nel lungo scontro che precede il finale, e va riconosciuto a Reeves di concedere ad un personaggio altrimenti unidimensionale qualche riflesso di umanità che gli porta più dignità. Tra sfide all'ultimo proiettile, accordi infami, alleanze che ribaltano inimicizie e spari di continuo, ci si prepara a quello che, probabilmente, potrebbe essere l'episodio finale della serie, sempre che gli incassi, sempre più consistenti, non invoglino i produttori ad estendere ulteriormente le ferali imprese di Wick.


 

sabato 15 maggio 2021


SOUL ( Soul, USA 2021) 
DI PETE DOCTER e KEMP POWERS
ANIMAZIONE
FANTASTICO/COMMEDIA
Professore di musica alle scuole medie, Joe non riesce ad essere contento della propria vita neanche quando, dopo anni di servizio, finalmente si decidono a mutare il suo contratto, rendendolo insegnante di ruolo: il suo sogno è fare il musicista a tempo pieno, e quando gli si prospetta la possibilità di farlo in un locale, suonando con un gruppo jazz piuttosto in voga, non sta più nella pelle, e, per il troppo entusiasmo, gli capita un incidente mortale. Arrivata nell'Aldilà, la sua anima ha modo di incontrarne una che da tempo si tira indietro al momento di installarsi in un essere umano, e al contempo, la sua situazione viene vagliata dagli addetti della dimensione.... Arrivato ad esser pronto all'avvento del Covid, che ha fatto sì che la Disney abbia convogliato la sua uscita direttamente sulla propria piattaforma digitale, "Soul" è la nuova opera di Pete Docter che nel dirigerlo si avvale della collaborazione di Kemp Powers: pensato per armonizzare l'animazione tridimensionale tipico marchio Pixar, con tratti cubisti ( nella definizione dell'Aldilà), il film riesce nell'intento di sottolineare valori morali molto forti, senza retorica. Il viaggio di Joe, anche "tutor" della piccola anima "numero 22", nonostante la propria esperienza non riconosciuta come appagante, trova il suo zenit nella bella scena del piatto di avanzi: e qui va riconosciuta, una volta di più, la bravura di sceneggiatori e autori pixeriani nel saper toccare le corde giuste per portare a commuovere lo spettatore. Graficamente giocato su contrasti cromatici e in equilibrio tra la dimensione "urbana" e quella dichiaratamente fantastica, è un titolo cui non sottrarsi in un periodo in cui, probabilmente, vale ancor di più apprezzare magari il poco che si ha, che tutto quel che si voleva essere e avere.

 

lunedì 3 maggio 2021


GLI ULTIMI FUOCHI ( The last tycoon, USA 1976)
DI ELIA KAZAN
Con ROBERT DE NIRO, Ingrid Boulting, Robert Mitchum, Tony Curtis.
DRAMMATICO
L'ultimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald, "The last tycoon", rimase incompiuto per la scomparsa prematura dello scrittore: Elia Kazan trasse dal libro quello che sarebbe divenuto il suo ultimo film, anche se il regista di origine greca visse ancora diversi anni dopo la realizzazione di questa pellicola. Nel racconto del giovane produttore tutto concentrato sul suo lavoro, duro all'occorrenza e abilissimo a fare interessare la gente al suo modo di concepire l'allestimento di un film, che incontra una ragazza e rivede in lei la moglie morta, finendo per perdersi, il regista di "Fronte del porto" mette un forte senso della fine, una malinconia crepuscolare che sentiva evidentemente propria, dipingendo una Hollywood lontana e, malgrado l'ostentato cinismo e la fin troppa praticità di molti degli uomini che la compongono, a modo suo romantica, anche se è proprio per via di un'ossessione amorosa che il protagonista si rovina. Cast da grandi occasioni, con volti celebri anche in ruoli cui si riservano un paio di scene, da Jeanne Moreau a Jack Nicholson, da Tony Curtis a una giovane Theresa Russell, fino a Robert Mitchum e Ray Milland, titani del cinema che fu; un'opera con un forte sentimento della fine, che trova un ottimo interprete in un giovane De Niro, il quale impersona con bravura un uomo rigido ( notare come si muove mentre cammina) cui viene trovato un punto debole di non ritorno, ed è curioso che Ingrid Boulting, una presenza femminile di una certa freschezza, non abbia avuto un prosieguo adeguato di carriera. Non il miglior Kazan, ma un titolo tuttavia di cui tenere conto.